Caso Ciancio: così hanno scoperto la rete dell’imprenditore
La Dda ha chiesto di scandagliare archivi notarili, delle camere di commercio, degli uffici tributari. Ha riesumato note della Guardia di Finanza vecchie di oltre trent’anni. Ha fatto analizzare una per una oltre 100 modelli 740, 500 modelli di sostituto d’imposta, più di 1500 bilanci e un migliaio di visure societarie.
“QUESTO MODO di procedere – scrivono i pm Antonino Fanara e Agata Santonocito – rappresenta una novità perché in genere le perizie si basano su documenti che depositano le parti o, comunque, si rinvengono nelle banche dati”. La procura di Catania ha invece dato mandato a un colosso delle consulenze finanziarie, la Pricewaterhouse Coopers – Pwc – impartendole direttive molto precise. L’analisi sui patrimoni di Ciancio Sanfilippo parte dal 1976 e si ferma al 2015. Sono stati vagliati acquisti e cessioni di partecipazioni, versamenti di capitale sociale, ripianamenti di perdite, finanziamenti e anticipazioni erogati dai soci, prestiti obbligazionari, distribuzione degli utili. Un lavoro immenso, spalmato su ben 38 anni, per analizzare “flussi di movimenti che si riflettono nel patrimonio personale di Ciancio e dei suoi familiari”. I documenti riguardano atti riferiti all’editore e ai suoi familiari. Flussi che per l’accusa si collegano alla storia criminale di Ciancio Sanfilippo e s’intrecciano spesso, quindi, con un quarantennio vicino a Cosa Nostra. Sequestro e confisca della totalità delle quote de La Sicilia Multimedia Srl, per esempio, perché “tutti gli investimenti avvengono con somme non giustificate”, per circa 2 milioni di euro. Secondo i magistrati, il quotidiano avrebbe “apportato uno stabile contributo a Cosa Nostra catanese”, a partire dalla mancata pubblicazione del necrologio di Beppe Montana, commissario di polizia di Palermo ucciso dalla mafia, passando per la visita in redazione del boss Giuseppe Ercolano, cognato di Benedetto Nitto Santapaola, e la campagna di stampa contro il collaboratore di giustizia Maurizio Avola. Eancora: i titoli sull’arresto dello stesso Santapaola e le lettere dal carcere del figlio Vincenzo.
Sequestrato anche il 70% delle quote riconducibili a Ciancio nella Edisud Spa, che controlla il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari – in questo caso non si leggono collegamenti con la mafia – poiché sarebbero stati “investiti oltre 10 milioni di euro, di cui 9 con somme non giustificate”. Idem per l’altro fiore all’occhiello del settore editoriale, la Etis Spa: “dal 2010 al 2014” sarebbe stata “finanziata per 3,2 milioni di euro” ritenuti non giustificati.
Chiesto anche il sequestro e la confisca di quasi tutte le quote di PK Sud Srl e Publipiù Srl, società del settore pubblicitario, e della Simeto Docks, che si occupa di cartellonistica, che non avrebbe giustificato 10 milioni. Per la Sige Spa, negli oltre 37 anni di attività aziendale, Ciancio avrebbe ricevuto “33 milioni”, considerate “entrate illecite”, che “non avrebbero dovuto essere conteggiate tra l’attivo”. Su “10,4 milioni di euro immessi nella società, ben 9,4 milioni sono non giustificati”.
LA CISA SPA, colosso del settore immobiliare, “nasce con dei capitali giustificati”, ma a partire dagli anni 2000 sarebbero stati “inseriti nella società oltre 12 milioni di euro con somme non giustificate”. La Procura ha chiesto e ottenuto di bloccare i conti dell’editore, per un valore che si aggira attorno ai 25 milioni di euro, inclusi i depositi dei conti correnti Ubs di Lugano, Intesa San Paolo di Catania e Credit Suisse di Chiasso.
Articolo firmato insieme al collega Antonio Massari
** Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, pag. 12, martedì 25 settembre 2018 **
** Credits photo: Benedetto ‘Nitto’ Santapaola, Ansa **
Saul Caia
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
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