“Brotherwood”, affari tra Cosa nostra e massoneria catanese
Mafia e massoneria insieme, uniti da un’amicizia ‘fraterna’ per cooperare nell’aggiudicazione di appalti, estorsioni e recupero di beni finiti nelle aste giudiziarie.
È il panorama emerso dall’operazione Brotherwood condotta dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Catania che ha portato all’arresto 6 persone, mentre altre 5 risultano indagate.
La figura apicale è Aldo Ercolano, considerato il reggente dell’omonimo clan Ercolano-Santapaola, figlio del pluripregiudicato Sebastiano ‘Iano’ Ercolano e nipote del boss della cupola Benedetto ‘Nitto’ Santapaola. Già coinvolto in diverse operazioni antimafia, era sorvegliato speciale da diversi mesi, eppure al momento dell’arresto nel suo appartamento le forze dell’ordine hanno trovato quattro pistole, più una ad aria compressa e un fucile.
Il mediatore tra il mondo mafioso e quello massone sarebbe Sebastiano Cavallaro, ‘uomo di fiducia’ di Ercolano e contemporaneamente ‘primo diacono’ del gruppo massonico Kairos, una delle quattro logge aderenti all’effigie della “Gran Loggia Massonica Federico II Ordine di stretta osservanza, di rito scozzese antico e accettato”, fondata a Catania nel 2010 e diretta dal venerabile maestro Massimo Pellegrino, che però non è coinvolto nell’inchiesta.
All’interno della ‘Federico II’ ricopre la carica di ‘sovrano’ Francesco Rapisarda, altro arrestato, imprenditore etneo accusato insieme al fratello Carmelo di turbativa d’asta.
Il modus operandi. Negli atti del giudice per le indagini preliminare, il ‘diacono’ Cavallaro è presentato come una persona che “fa qualsiasi cosa” e si trova “dovunque”, “un collettore grigio” che si “attiva per il recupero crediti, e in favore dei massoni nelle aste giudiziarie, interfacciandosi direttamente con Ercolano”, spiega il comandante provinciale della Guardia di Finanza Roberto Manna nel corso della conferenza stampa.
A lui si rivolge direttamente il ‘fratello sovrano’ Francesco Rapisarda, già titolare insieme al consanguineo Carmelo della Mediterranea Costruzioni Metalmeccaniche Spa, azienda finita sul lastrico è venduta all’asta dalla sezione fallimentare del Tribunale di Catania. Dalle indagini, emerge che Rapisarda avrebbe chiesto l’aiuto di Cavallaro per “impedire che altri soggetti potessero partecipare all’asta relativa alla vendita” del complesso industriale. A sua volta il ‘diacono’, utilizzando “l’intimidazione mafiosa” riesce a tenere lontani “gli avvoltoi”, come li definisce lui stesso in una conversazione intercettata dalle fiamme gialle, in questo modo non presentandosi nessuno alle aste, il prezzo scende notevolmente, passando da un milione di euro fino a circa 273 mila euro.
I beni aziendali mobili e immobili sono stati tutti sequestrati dalle autorità, e in manette è finito anche Adamo Tiezzi, “soggetto assai vicino a Cavallaro e con precedenti per traffico di stupefacenti ed estorsione”, che deteneva una quota della società.
Anche altri “fratelli massoni” avrebbero chiesto favori e aiuti a Cavallaro, che a sua volta sollecitava sempre Ercolano, tra questi ci sarebbero anche i lavori per la “riqualificazione e recupero area ex mattatoio comunale con annesso lavatoio” indetti dal Comune di Santa Maria di Licodia.
A Ercolano e Cavallaro è contestata l’associazione a delinquere di stampo mafiosa, finalizzata all’estorsione, traffico di stupefacenti, recupero crediti e turbativa d’asta. Nell’elenco degli indagati ci sono anche diversi professionisti catanesi, tra questi due avvocati del foro catanese, accusati rispettivamente di estorsione e turbativa d’asta, quest’ultimo reato condiviso anche con un funzionario del gruppo Unicredit.
** Articolo pubblicato su Narcomafie.it, giovedì 16 giugno 2016 **
Saul Caia
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
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