Gli “ostaggi” a bordo, polizia e arancini sul molo

La pelle e gli indumenti neri spiccano nella bianca nave “Ubaldo Diciotti” della Guardia Costiera, ormeggiata dalla notte di lunedì al porto di Catania. Sono i 177 migranti tratti in salvo al largo di Lampedusa.

Vivono in un limbo da sette giorni, prima in mare e da 48 ore in banchina. La terra è a pochi passi ma loro non possono scendere. Dopo aver attraversato il Sahara, la Libia e le intemperie del Mediterraneo in un barcone, soccorsi la notte tra il 15 e il 16 agosto, dovranno attendere la decisione tra il braccio di ferro tra il governo italiano e l’Unione Europea sulla ripartizione dei migranti. La lunga attesa sembra interrotta dalla visita del procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio, che ha aperto un fascicolo contro ignoti sulle condizioni della loro detenzione.

CALZARI, guanti e mascherina bianca proteggono il magistrato, che prima si intrattiene nella banchina del porto con gli ufficiali della Guardia Costiera, poi con in mano una valigetta sale a bordo della nave. La visita ispettiva dura circa un’ora. Solo più tardi, il magistrato spiega a l Fatto quanto è accaduto: “La situazione è sotto controllo ma ha dei profili di illegittimità, diversi casi di scabbia, ci sono 29 minori non accompagnati che non possono più stare sulla nave. Abbiamo aperto una fascicolo contro ignoti per la privazione della libertà personale dei migranti”. La giornata degli “ostaggi”, per lo più eritrei che possono avere diritto all’asilo, inizia sotto la pioggia battente, con i vestiti inzuppati nonostante la protezione di alcuni teloni. Poco più tardi, qualcuno prova ad asciugare gli indumenti sotto il sole, stendendoli sul ponte della nave, mentre l’equipaggio della Guardia Costiera fornisce un nuovo abbigliamento asciutto. La mattinata è scandita dalla timida protesta di una trentina di attivisti dell’associazione antirazzista catanese, mentre nel pomeriggio le visite del segretario democratico Maurizio Martina e del deputato radicale Riccardo Magi hanno intervallato l’interminabile attesa.

Bocche cucite nella sede dalla Capitaneria di porto di Catania, che al Fatto spiegano di non “avere i mezzi per decidere sul da farsi”, e che “spetterà ai piani alti la soluzione”. Nessuno può scendere dalla nave, neppure il personale di bordo. Al tramonto circa un centinaio di cittadini, aderenti ad associazione e partiti politici, hanno protestato davanti l’ingresso del varco 2, che consente l’accesso alla nave, portando un simbolico vassoio di arancini, tipici siciliani. A bordo, però, non sono arrivati.

SULLA NAVE invece, i migranti si sono raccolti insieme al centro della prua. Portano le mani al petto, al viso e al cielo, e scandiscono sottovoce la preghiera della sera. Sperano forse, che la situazione possa risolversi quanto prima. Ma ad attenderli, c’è un’altra notte da accampati sulla nave. Consumano il loro pasto caldo fornito dal persona di bordo, in attesa che scenda la notte, e la temperatura si faccia più rigida. La brezza marina soffia sullo scafo, in questa irrequieta estate siciliana, che alterna vento, pioggia e sole. A fargli compagnia ci sono anche due volontari della InterSos, che grazie a una convenzione con la guardia costiere e con l’Unicef, forniscono il servizio di mediatori culturali a bordo.

La nave reste scortata dalle forze militari, in acqua le lance della Guardia di finanza pattugliano il porto, mentre le auto e i blindati dei carabinieri e della polizia controllano gli accessi ai varchi, rendendolo questo piccola porzione di banchina quasi inaccessibile.

** Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano  (pag. 6), giovedì 23 agosto 2018 **

** Credits photo: © Saul Caia.it **

 

Saul Caia

Saul Caia

Giornalista freelance. Dopo alcune esperienze all'estero, tra cui Spagna, Canada e Stati Uniti, sono rientrato in Sicilia. Oggi collaboro con Il Fatto Quotidiano realizzando video e articoli di cronaca e approfondimento.
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
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Giornalista freelance. Dopo alcune esperienze all'estero, tra cui Spagna, Canada e Stati Uniti, sono rientrato in Sicilia. Oggi collaboro con Il Fatto Quotidiano realizzando video e articoli di cronaca e approfondimento. Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.

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