Catania, indagato consigliere forzista Pellegrino
Cinquanta euro per singolo voto. È quanto sarebbe stato elargito nel corso della elezioni regionali di novembre in Sicilia, secondo l’indagine della Procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, e affiancata dalla Dia, diretta da Renato Panvino, sulla compravendita di voti che coinvolge dodici indagati.
PER RAGGIUNGERE lo scranno a Palazzo dei Normanni di Palermo, il forzista Riccardo Pellegrino, già consigliere comunale e fondatore della lista civica “Un cuore per Catania”, con cui concorre alla carica di sindaco, avrebbe elargito somme di denaro per ottenere i consensi nei territori di Aci Catena, Acireale, Vizzini e Ramacca.
La compravendita sarebbe emersa nel corso dell’inchiesta sui rifiuti Gorgoni, condotta sempre dalla Dia, che ha portato all’arresto dell’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano, poi condannato a tre anni per corruzione. Nel corso delle intercettazioni, si evinceva il desiderio di Maisano di correre per le regionali, e il suo tentativo di tessere relazioni con figure di primo piano della politica isolana per poter ottenere i giusti consensi. Ma quando scattano le manette, l’ex sindaco è costretto a fare un passo indietro, decidendo insieme a Biagio Susinni, già deputato regionale ed ex sindaco di Mascali, di puntare sull’investitura del giovane Pellegrino.
Nell’avviso di conclusione indagini, i magistrati spiegano che Pellegrino, in alcune occasioni accompagnato dal padre Filippo, coinvolto nell’inchiesta, avrebbe con- segnato “svariate somme di denaro” ai diversi indagati: “3 mila euro” a Giuseppe Panebianco e Andrea Ivan Guerrera, “1.000 euro” a Orazio Cutuli, promettendo inoltre il “pagamento della somma di 1.300 euro” a Antonino Castorina, per “l’organizzazione di un evento nel Comune di Aci Catena”.
Il cognome di Pellegrino ha fatto molto discutere nel corso della passata campagna elettorale, identificato come uno degli “impresentabili” della coalizione del centrodestra, che ha visto trionfare Nello Musumeci nella corsa alla poltrona di governatore. Era stato proprio l’ex presidente della commissione antimafia regionale a iscrivere nella sua relazione il cognome di Pellegrino, in virtù di “rapporti di parentela con soggetti condannati per mafia”, indagato e poi archiviato per voto di scambio politico-mafioso. Gaetano, conosciuto con l’appellativo di u funciutu e fratello maggiore del politico, è stato già condannato per estorsione semplice e rischia dieci anni per associazione mafiosa nel processo Ippocampo.
Farebbe parte del clan dei Carcagnusi, che prende il nome dal patriarca e uomo d’onore Santo Mazzei, e padre di Sebastiano, detto Nuccio, entrambi al 41-bis. Pellegrino è originario del quartiere di San Cristoforo, considerata la roccaforte del clan Mazzei, e qui che il politico forzista gestisce diversi patronati e centri di assistenza fiscale. Frequentando l’Istituto Salesiano di via Madonna delle Salette del quartiere, ha conosciuto Carmelo Mazzei, giovane seminarista e incensurato, ma dal cognome ingombrante, in quanto figlio di Nuccio. Un’amicizia presa di mira dagli avversari politici, ma che Pellegrino ha sempre difeso e vantato. Tanto da fare il suo nome nei diversi comizi elettorali, e presentarlo ai giornalisti del- la redazione catanese di Live-Sicilia, per spiegare chi è il figlio del boss.
** Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, pag. 11 dell’edizione cartacea 30 marzo 2018 **
** Foto copertina: Riccardo Pellegrino insieme al padre Filippo (© SaulCaia.it) **
Saul Caia
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
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