Esclusiva Caso Mered: “Quello in prigione non è mio fratello”
ESCLUSIVA de Il Fatto Quotidiano che pubblica in anteprima la conversazione telefonica intrattenuta con Merhawi Yehdego Mered, cittadino eritreo residente nei Paesi Bassi e fratello del noto trafficante di esseri umani il ‘Generale’ Mered.
“Dio lo possa aiutare, poverino, io non l’ho arrestato, quindi cosa posso farci”. A parlare, dall’altra parte della cornetta, è Merhawi Yehdego Mered, cittadino eritreo residente nei Paesi Bassi, considerato dalle autorità italiane il fratello del ‘Generale’ Medhanie Yehdego Mered, il più importante trafficante di uomini attualmente latitante, ma che secondo la Procura di Palermo si trova in detenzione da sei mesi al Pagliarelli.
La sua risposta conferma quanto già è stato ipotizzato, ovvero che il cittadino eritreo estradato dal Sudan lo scorso giugno, non è l’uomo che le autorità italiane stavano cercando, ma bensì il giovane Medhanie Tesfamariam Berhe. Già in precedenza il Guardian aveva dimostrato, con foto e testimonianze, che ci sarebbe stato un errore nell’identificazione a Khartoum, avvalorata dalla pubblicazione di alcuni estratti delle chat private di Mered, in cui lo stesso trafficante provava pietà per il connazionale detenuto in Italia.
Il Fatto, in anteprima, è entrato in possesso della conversazione telefonica, realizzata dal mensile siciliano ‘S’, con il fratello del vero Mered, che ha recuperato l’utenza dagli atti giudiziari delle inchieste Glauco, e si è avvalsa dell’interprete Abdelfetah, attivista eritreo che vive da diversi anni in Italia e combatte in prima linea per la tutela dei diritti dei suoi connazionali.
“Mio fratello non ha ucciso nessuno, state infangando il suo nome, lui ha aiutato tanti fratelli eritrei”, ripete più volte Merhawi nel corso della telefonata. La conversazione dura circa mezzora, nel corso del quale l’interlocutore difendere il suo consanguineo ripeturamente, rimandando al mittente le accuse di traffico di esseri umani emerse nel corso dell’inchiesta Glauco. “Medhanie, Medhanie, Medhanie… perché non parlate di quelli che sono in Libia, mio fratello può essere un trafficante, ma non ha fatto qualcosa di peggio rispetto agli altri”.
Il profilo tracciato su Mered, emerso nelle inchieste giudiziarie, mostra la figura di un uomo cinico e arrogante, autodefinitosi “il nuovo Gheddafi” e il “Generale”, con profitti a sei cifre investiti in diverse attività e custodite in gran parte in conti a Dubai. Proprio dalla città degli Emirati Arabi Uniti, è stata postata nei profili facebook del trafficante lo scorso 21 e 22 agosto, una foto scattata dentro un centro commerciale, negli stessi giorni in cui l’eritreo si sarebbe dovuto trovare in carcere al Pagliarelli.
Tra le accuse principali mosse dai magistrati palermitani a Mered, c’è il naufragio del 3 ottobre 2013, che in cui persero la vita 336 persona a mezzo miglio dalle coste di Lampedusa, e che portò il Governo italiano al rafforzamento delle pattuglie nelle coste del Mediterraneo con l’operazione Mare Nostrum. “Quell’imbarcazione non era di mio fratello. – risponde Merhawi decisamente alterato – Tutti gli eritrei sanno che non era sua, perché non parli di Abdurezak (uno dei trafficante eritrei più influenti e già citato negli atti dell’inchiesta Glauco, nda), che da 15 anni sta ammazzando le persone mandando la gente dalla Libia. Puoi odiare mio fratello, ma non puoi accusarlo di una cosa che non ha fatto”.
Lunedì mattina, nel frattempo, riprenderà il processo al giovane detenuto che deve rispondere davanti la Quarta sezione penale del Tribunale di Palermo, presieduta dal giudice Raffaele Malizia, dell’accusa di traffico di esseri umani. “Da sei mesi a questa parte ho raccolto numerosi elementi, – spiega al Fatto l’avvocato Michele Calantropo, difensore di Berhe – che porterò in udienza per dimostrare ancora una volta che il mio assistito non è Mered”.
** Articolo pubblicato nell’edizione cartacea de Il Fatto Quotidiano, domenica 18 dicembre 2016 **
Saul Caia
Tra i riconoscimenti più importanti ho ricevuto il DIG Awards 2017, il premio 'Roberto Morrione' 2012, il premio giornalista emergente in Sicilia 'Giuseppe Francese' 2016.
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